Vestiti di leggerezza

Racconti dal Centro Estivo nella parrocchia San Carlo alla Ca’ Granda di Milano.

Quest’estate sono partita dalla Casa di formazione per passare quasi un mese a Milano insieme ad Alina, un’altra novizia con cui vivo a Roma; da tanti anni, infatti, i sacerdoti della Fraternità san Carlo ci invitano a collaborare nella loro parrocchia San Carlo alla Ca’ Granda, quartiere Niguarda, alle loro varie attività estive. La proposta era di vivere quattro settimane di centro estivo con bambini e ragazzi dai 6 ai 20 anni. Di loro, oltre all’amicizia nata con i ragazzi delle superiori, mi sono rimasti impressi i volti di alcuni bambini.
Primo giorno: tutti i bambini radunati in chiesa per un breve momento introduttivo. Mi siedo in prima fila accanto a uno dei nuovi arrivati, e per rompere il ghiaccio mi presento. Mi dice il suo nome senza guardarmi, perché ha gli occhi incollati al grandissimo crocifisso della Ca’ Granda. «Ma quell’uomo non è molto realistico…», mi dice. Al che gli chiedo se dice così per via del sangue arancione e non rosso. «Non per quello, ma perché gli hanno fatto le ferite come se le avessero aperte con un coltello». Allora gli rispondo: «eh, è molto realistico, perché Gesù l’hanno ferito nelle mani e nei piedi con dei chiodi, e nel fianco con una lancia, quindi proprio come con un coltello». «Gesù? Ma è uno che c’entra con Dio?», ribatte. «Sì, Gesù è il Figlio di Dio».  Di scatto, solo ora, si gira verso di me, con gli occhi sgranati. «Ma è successa veramente questa storia? Nessuno me l’ha ancora raccontata». Annuisco, ma lui subito incalza: «però aspetta, io in Dio non ci credo. Non si può credere in Dio, nessuno l’ha mai visto». «Gesù è nato apposta per questo, per assicurarci che Dio esiste. Così, anche se non abbiamo mai visto Dio, possiamo fidarci di lui. E non solo esiste, ma è buono, ci vuole bene!». Il viso crucciato si apre in un sorriso. In quel momento i ragazzi animatori intonano il canto di Claudio Chieffo Ho un amico. Gli sussurro: «Ecco, questo canto parla di Dio come di un nostro amico!». Sorridendomi esclama “sì!” e improvvisa senza paura la melodia del canto, seguendo la voce al microfono e le parole proiettate. In quel momento, ho avuto il privilegio di assistere ad uno dei primi incontri tra Cristo e un cuore che, già così piccolo, è tutto attesa di lui e di conoscere il Destino buono verso cui cammina, Destino che è Dio Padre.
Mi ha colpito anche l’amicizia con un altro bambino. Dopo alcuni giorni di giochi mi sono accorta che non solo era uno dei più vivaci, ma anche tra i più portati per lo sport. Mentre giocavamo tutti contro tutti, un giorno, era sul punto di eliminarmi, così ho cercato di fermarlo. «Aspetta, fermo! Alleiamoci! Che ne dici?». Dopo aver valutato un secondo la convenienza della proposta, sorridendo ha continuato a giocare senza eliminarmi e con un nuovo bersaglio. Da quel momento si è considerato mio alleato in ogni cosa, dentro e fuori dal campo. Ed ecco che una mattina mi viene vicino e mi dice: «Caterina, ma se in questo gruppo di bambini non potessimo esserci tutti, tu con chi vorresti stare?». Io, che già immagino dove vuole arrivare, faccio la finta tonta: «non so, ma io sono contenta di essere in tanti, non vorrei che fossimo di meno!». Lui incalza: «Sì, anche io sono contento, ma se dovessimo formare delle squadre più piccole, chi sceglieresti?». «Mah, forse dovrei valutare in base ai giochi da fare…», dico resistendo ancora un po’. A quel punto, non trattenendosi più, alza la voce: «Ok, ma se tu dovessi scegliere uno solo di noi, tu chi sceglieresti?». Finalmente rispondo: «Te! Sceglierei proprio te!». Sorridendo, senza dire nulla, mi abbraccia e, salterellando, torna a giocare. I bambini vivono la dipendenza con una semplicità e una naturalezza che i grandi facilmente perdono: hanno bisogno di uno sguardo amico che continuamente li confermi e li preferisca e ne vanno fieri.

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